“Assisi è una gran bella cosa, paese, città e santuario”, scriveva Giosuè Carducci. Paese, perché ha tutte le caratteristiche del borgo umbro: arroccato in cima a una collina che guarda sulla valle, piccolo, composto, uguale nei secoli. Città, perché Assisi ha svolto un ruolo fondamentale nella storia del mondo: da qui è partito San Francesco per cambiare (o almeno provare) la chiesa. Santuario, perché del passaggio di San Francesco e Santa Chiara restano chiese piccole e grandi, luoghi miracolosi, cripte che attirano ogni anno migliaia di fedeli.
Erano passati solo due anni dalla morte di Francesco che Frate Elia, il suo successore, ricevette in dono un piccolo pezzo di terra sul Colle dell’Inferno dove fino a un po’ di tempo prima si impiccavano i condannati. Francesco era morto nella Porziuncola, una piccola chiesetta, ma i suoi fratelli lo portarono subito a San Damiano e poi da lì alla Chiesetta di S. Giorgio, dentro le mura di Assisi e vicino alla casa paterna. In quella chiesetta il 16 luglio 1228 Gregorio IX proclamò santo il frate di Assisi la santità e il giorno dopo andò sul colle, insieme a Frate Elia, a posare la prima pietra della futura Basilica di San Francesco.
Il 25 maggio 1230, meno di 4 anni dalla morte del Santo, la basilica era pronta. Vista da lontano sembra una roccaforte unica ma è in realtà composta da due chiese sovrapposte: la Basilica inferiore e quella superiore e una cripta con la tomba del Santo. Nelle due chiese è stata scritta la storia dell’arte italiana: ci hanno lavorato Cimabue, Giotto, i Lorenzetti, Simone Martini. Tra le tante opere sono da ricordare: il ciclo completo delle Storie di San Martino dipinto da Simone Martini; la Cappella della Maddalena da Giotto; nel transetto c’è un affresco di Cimabue e otto Storie dell’infanzia di Cristo dipinte da Giotto.
Se Assisi rappresenta una delle capitali della Cristianità, altrettanto possiamo dire della piccola Cascia. Tutto ha inizio con un sogno: accogliere nella Città di Santa Rita i devoti ritiani del mondo. Per realizzarlo, nel 1937 la Beata Madre Maria Teresa Fasce, Badessa del Monastero Santa Rita, vuole una Basilica intitolata alla Santa dei Casi Impossibili.
Badessa del Monastero per oltre vent’anni, è stata la monaca rivoluzionaria che, con tutte le sue forze, volle fare di Cascia la città che oggi conosciamo. All’inizio degli anni Venti, a Cascia c’è solo una piccola chiesa dedicata a Santa Rita. Madre Fasce non dispone di capitali, né grandi né piccoli, necessari per avviare la rivoluzione casciana. Il 20 giugno 1937 il cardinale Enrico Gasparri pone la prima pietra. Solo dieci anni dopo arriva la consacrazione a chiesa, è il 18 maggio 1947.
La Basilica intitolata alla santa è una costruzione moderna, nata nel XX secolo, edificata nell’arco di nove anni, importante sia da un punto di vista artistico che architettonico. All’interno della chiesa, nella cappella di Santa Rita, un’urna in cristallo, del 1930, contiene il corpo della santa. Il basamento marmoreo è stato decorato da Eros Pellini. Sopra l’altare contribuiscono a creare una mistica atmosfera alcuni candelieri e una croce in argento sbalzato del XVII secolo.
Sulla sinistra, attraverso una porta molto stretta, si accede alla chiesa della beata Rita, qui è stato venerato il corpo della santa dal 1577 al 1947. La chiesa è stata in gran parte demolita per far spazio al nuovo santuario, rimangono solamente il portale ed alcuni altari.
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