L’Umbria è la terra dell’equilibrio, è la cornice che ricompone in un affresco inatteso le mille anime di una regione “a passo d’uomo”, capace di fondere uomo e natura, spiritualità intensa ed orgoglio laico. Ogni luogo ha un’identità inconfondibile, frutto di millenni di civiltà che hanno lasciato frammenti di un passato senza tempo. Alla fine di questo viaggio la certezza trova conferma: l’Umbria, per il bello, ha una vera vocazione.
L’eremo della Madonna della Stella
La storia dell’eremo risale all’VIII secolo quando, nella valle del torrente Tissino alla confluenza delle valli Noce e Marta, sorse il Monasterium S. Benedicti in Faucibus o in Vallibus, soggetto all`Abbazia longobarda di S. Pietro di Ferentillo . In questo luogo appartato “in mezzo a due altissimi monti, dove non si vede altro che due palmi di cielo” alla nuova chiesa, in parte ricavata nella roccia, si aggiunsero con il tempo una decina di celle monastiche, ricavate anch`esse nella parete rocciosa con l`aggiunta di parti murarie. I documenti, redatti a seguito di una visita apostolica nel 1571, ci dicono che a quel tempo la chiesa era abbandonata e diruta. Nei secoli successivi di questo luogo quasi si perse la memoria. Tale situazione permase fino alla prima metà dell’ottocento quando, nel 1833, due pastori di Roccatamburo rinvennero un dipinto tra i rovi. Da quel momento la chiesa, restaurata dai fedeli, prese il nome di Madonna della Stella in onore della veste trapuntata di stelle che indossa la vergine ritratta nel ciclo interno di affreschi.
Scheggino, il Diamante Nero della Valnerina
Scheggino, antico castello di pendio dalla tipica forma triangolare: alte sulla riva sinistra dell’antico Nahar, afferrate ad ispide balze scoscese, le vestigia dell’antica rocca. Il toponimo Scheggino, con le varianti Schezzino/Schiaginum, deriva da “scheggia” (dal latino schidia) a evocare le irte lame di roccia su cui il castello è arroccato. Difesa dalla natura su tre lati, Scheggino si rannicchia fiduciosa nell’abbraccio della cinta muraria: triangolo di forti pietre eretto sul declivio lambito dal fiume Nera. Al vertice, alti sulla valle sotto rupi ferrigne, il cassero e la snella torre di avvistamento. Scheggino è conosciuto anche come Diamante Nero della Valnerina, avendo dati i natali alla famiglia Urbani: azienda leader in materia di tartufo.
Il Museo della Biga a Monteleone di Spoleto
Ubicato nel cuore del castello cittadino, dove la torre dell’orologio campeggia maestosa sulla cinquecentesca piazza del Mercato, il nuovo allestimento museale che ospita la storica copia della Biga di Monteleone di Spoleto, realizzata circa trent’anni fa dagli allievi della scuola d’arte dello scultore Giacomo Manzù (l’originale si trova al Metropolitan Museum of Modern Art di New York), può essere considerato, per molti aspetti, il biglietto da visita che racchiude l’anima del territorio. Ritrovata nel 1902 presso Monteleone di Spoleto in località Colle del Capitano, durante i lavori per la realizzazione dell’aia di un casolare, la Biga, di chiara matrice greco-ionica, risale al VI sec. a. C.. Esposta dal 1903 a New York, dove è arrivata passando per Norcia, Roma e per una cassetta di sicurezza del Credit Lyonnais a Parigi, è stata al centro di un contenzioso legale in cui il comune di Monteleone, ritenendo che essa fosse stata trafugata, ne ha chiesto invano la restituzione.
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